Al Festival dei Due Mondi di Spoleto giovedì 7 luglio, alle 19 al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, va in scena Il gabbiano di Anton Čechov con la regia di Leonardo Lidi, la nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria con ERT / Teatro Nazionale e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, in collaborazione con il Festival spoletino. Lo spettacolo sarà in replica anche venerdì 8 e sabato 9 luglio alle 16 e vedrà sul palco (in ordine alfabetico): Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Tino Rossi, Massimiliano Speziani e Giuliana Vigogna.
Dopo La città morta di D’Annunzio e La signorina Giulia di Strindberg, Leonardo Lidi e il TSU portano avanti il percorso dedicato ai grandi classici con un nuovo progetto: una trilogia su Anton Čechov che vedrà in scena gli spettacoli Il gabbiano, Zio Vanja, Il giardino dei ciliegi. “Tre case, o forse la stessa, tre famiglie, o forse la stessa, e l’amore che soppianta il lavoro – spiega Lidi – in cui vedo la possibilità di tornare al senso pratico del teatro, deviando gli intellettualismi e scegliendo la semplicità nella sua altezza; scegliendo l’amore e soprattutto scegliendo gli attori come forma d’arte e come pietra preziosa da difendere nel teatro italiano del nostro tempo”.
Prima tappa del Progetto Čechov sarà Il gabbiano, il dramma capolavoro in 4 atti scritto nel 1895 dal drammaturgo russo, tra le sue opere teatrali più note e rappresentate. “Insieme al Direttore artistico del TSU Nino Marino abbiamo deciso di partire da quest’opera perché si interroga, costantemente, sulle forme del teatro, su come dialogare con lo spettatore e penso che in questo momento sia necessario porsi un interrogativo rispetto alla modalità da utilizzare per confrontarsi con il pubblico”.
Dalle note di regia. “Un Gabbiano viene ucciso per la mano vigliacca di un giovane in riva al lago e, se potesse parlare, avrebbe tutto il diritto di chiedere al suo assassino, il giovane Konstantin, il perché di tanta ingiustificata cattiveria. E Konstantin potrebbe balbettare qualcosa sulla sua infelicità e su quanto non sia corrisposto dalla giovane Nina. Qualcosa tipo: io voglio lei, lei non vuole me e io mi prendo il diritto di ucciderti, spararti, ferirti, perché il mio dolore è più importante della tua vita.
Ecco il maledetto amore, alibi e distruttore in un mondo in cui la cattiveria lascia sempre qualcuno a ballare con la scopa. Non volare più perché uccisi da un amante non corrisposto. Čechov si commuove delle semplici tenerezze che ci fanno tanto penare. Ci dice che nessuna situazione si può gestire fino in fondo; ci abbraccia raccontandoci che la mania di controllo che tanto ci tranquillizza va mandata lentamente a quel paese. Perché in fin dei conti chi ama è sempre sconfitto e la sconfitta in amore ha una sincerità tale che unisce la gran parte di noi. Come in un lago di pesci confusi”.